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Inceneritori (morto di tumore a 12 anni)

Scritto da Renato Soffritti on . Postato in Ultime

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fonte: Coordinamento dei Comitati della Piana di Firenze Prato e Pistoia

Addio, Massimiliano

di Antonietta M. Gatti (la dott.ssa è la moglie del prof. Stefano Montanari)

Ieri è morto Massimiliano un bambino di Forlì a cui non è stata data la possibilità di avere un futuro. E’ morto all’età di 11 anni per una rara forma tumorale, un rabdomiosarcoma cresciuto fra la vescica e la prostata. Dopo anni di sofferenza, che non dovrebbero toccare i bambini, se ne è andato col suo carico di metalli pesanti dentro il corpo.
Avevo analizzato i campioni bioptici del bambino e avevo trovato metalli anche in forma molto sottile: nanoparticelle.
A parte una particella di Oro e Argento, la cosa più sconvolgente è l’aver trovato nanoparticelle di Tungsteno e/o carburo di Tungsteno. Ora uno si chiede come sia possibile  l’ingresso di queste polveri nel corpo di un bambino. Non è un metalmeccanico che lavora in fabbrica. L’unica sua colpa è di aver vissuto in una casa costruita fra due inceneritori : uno di rifiuti urbani ed uno di rifiuti ospedalieri. L’aria, ma pure il cibo dell’orto, non sono dei  migliori da quelle parti. Se n’è andato ed io, pur sapendo, non sono stata in grado di fare niente.
Nei miei studi avevo già indotto nei topi lo stesso tipo di cancro semplicemente impiantando nei loro muscoli nanoparticelle (una pratica che cerco di evitare sempre, ma quella volta non si poteva fare altrimenti). Tutti quelli che avevano ricevuto nanoparticelle metalliche si erano ammalati di rabdomiosarcoma. Quindi la correlazione fra un inquinamento ambientale molto particolare e la stessa patologia a mio parere è dimostrato.
Purtroppo non solo queste evidenze non devono essere dette: questi studi non vanno addirittura fatti.
Il 30 Giugno scorso l’avv. Bortolani, presidente della ONLUS, proprietaria legale del microscopio comprato grazie alla sottoscrizione lanciata da Beppe Grillo per studiare le nanopatologie, ha deciso di donare l’apparecchio all’Università di Urbino. La suddetta non ha mai acconsentito a farci entrare nel Consiglio di Amministrazione della ONLUS per la gestione trasparente economica e scientifica dello stesso, con la scusa che questa è una ONLUS famigliare che si occupa solo di delinquenti o presunti tali condannati per i loro reati alla pena di morte in America. I bambini si ammalino pure o muoiano: non interessano.
Ora, senza neanche informarci, la suddetta decide di donare il microscopio per altre finalità all’Università di Urbino con la clausola che noi lo possiamo usare “almeno” un giorno alla settimana. E’ ovvio che, abitando a Modena, la cosa non risulta facile non solo per me, ma soprattutto per i tesisti che lavorano con il microscopio. Con un lavoro “almeno” 1 giorno alla settimana questi rischiano di laurearsi fra 10 anni. Per non parlare del Progetto Europeo che io coordino che è ancora in corso.
Sono andata all’Università di Urbino dando la mia disponibilità a trasferirmi presso la loro sede. M i hanno risposto che tecnicamente è possibile, ma inattuabile.
Ho poi verificato che, così come hanno impostato le cose, ricerche su tessuti patologici non sono tecnicamente possibili. Dal momento che poi non ci sono scienziati esperti della materia (le nanopatologie sono una disciplina che è il risultato di un progetto europeo che io coordinavo), il microscopio servirà per altre finalità, non per quelle per cui era stato donato.
La motivazione addotta dall’avv. Bortolani per tale azione rasenta la  diffamazione nei miei confronti e si può facilmente dimostrare che si tratta di bugie.  Io ho lavori scientifici sulle nanopatologie e pure sulla nanotossicologia scritti anche con scienziati stranieri, non solo, ma io non sono affatto pagata per questa attività che svolgo part time pur di continuare gli studi sulle nanopatologie. Anche con la chiusura delle attività imposta dall’avv. Bortolani, però, non si pensi di imbavagliarmi:  io continuerò ad andare in tribunale per difendere gli interessi di chi è vittima di persone perverse che compiono atti perversi sull’ambiente e su di loro, e lo farò con le analisi già eseguite. La famiglia di Massimiliano sa che può contare sul mio aiuto e, come loro, tanti altri. Ho già informato il Ministro della Difesa che non farò più alcuna analisi sui soldati perché mi sarà impossibile. La legge che recentemente è stata promulgata compensa chi si è ammalato per esposizioni di nanoparticolato bellico, che io ho dimostrato essere presente nei tessuti.
In questa situazione dichiaro che non sarà più possibile analizzare i tessuti di nessuno e che le nanopatologie sono morte.
Chiedo solo che i miei ragazzi riescano a finire le loro tesi.
Auguro all’Avv. Bortolani di non essere disturbata dal rimorso.


Dal Vangelo di S. Matteo

Il tradimento di Giuda
Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti e disse: «Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d'argento. Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.

Morte di Giuda
Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi.

 

Chi è Antonietta Morena Gatti

Il termine nanopatologia è stato concepito nel 1999 dalla dottoressa Antonietta Morena Gatti, ricercatrice presso l'Università di Modena e Reggio Emilia, con l'intenzione di includere in una categoria specifica le patologie che sono sospettate di essere causate da particelle inorganiche di dimensione nanometrica, malattie per ora classificate come criptogeniche (cioè di eziologia ignota). L'attribuzione della causa delle patologie alle "nanoparticelle" è stata ipotizzata a seguito di alcune scoperte accidentali su alcuni pazienti che presentavano sintomi anomali (e nei cui tessuti erano state rilevate micro- e nanopolveri inorganiche di natura esogena) e come sviluppo delle indagini sulle patologie dei soldati in zone di guerra (sindrome del Golfo e sindrome dei Balcani, effettuate in collaborazione con il Department of Materials and Metallurgy dell'Università di Cambridge e l'Institute of Pathology presso la Johannes Gutenberg Universität di Magonza) e nel poligono di tiro militare di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo in Sardegna, dove si era constatato un incremento nei casi di Linfoma di Hodgkin (sindrome di Quirra) anche tra la popolazione civile a Villaputzu.

L'autrice, dottoressa Gatti, è stata ed è consulente della commissione senatoriale italiana che, nel corso della XIV e XV legislatura, ha indagato e indaga sulle malattie da uranio impoverito. Sentita in qualità di esperto, ha dichiarato:
« rimangono aperti gli interrogativi [...] circa i danni a lungo termine per la salute dei militari e delle popolazioni residenti che potrebbero derivare dall'esposizione ai particolati fini e ultrafini che si disperdono nell'ambiente in occasione di combustioni ad altissime temperature »

concludendo con un auspicio che la commissione italiana si attivi presso gli enti competenti dellUnione Europea e della NATO perché sia progettato e realizzato uno studio di carattere scientifico sulla questione.

A seguito delle sue ricerche in ambito militare, la dottoressa Gatti è stata invitata a relazionare presso la Camera dei Lords di Londra dalla comissione britannica impegnata sul tema.